di Andrea Arru
L’avvento del Ventunesimo secolo ha visto la nascita e lo sviluppo di cose che fino a qualche decennio prima erano considerate più vicine ad un mondo fantascientifico che alla realtà effettiva: tra queste cose vi è Internet, nato alla fine del Novecento ma esploso definitivamente solo dopo i primissimi anni Duemila; questo innovativo mezzo di comunicazione, tra le tante cose, ha permesso l’affermarsi delle cosiddette “celebrità di Internet”, note ai più con l’appellativo di “influencer”: personalità controverse, spesso tanto idolatrate quanto odiate a morte, ma che hanno inevitabilmente contribuito al cambiamento della cultura “internettiana”. Va anzitutto detto che queste personalità non sono apparse dal nulla, né sono emersi per caso: ovviamente si richiedono determinate capacità per poter ottenere successo (disporre di un minimo di carisma o parlare di ciò che interessa alla gente, ad esempio); a diventare “influencer” sono proprio quelle singole personalità in grado di distinguersi dalla massa grazie a delle proprie peculiarità (il tutto anche all’interno di una piccola comunità sul Web; basti pensare che la celebrità della moda per antonomasia, Chiara Ferragni, è stata in grado di raggiungere le odierne posizioni di prestigio partendo proprio da un piccolo blog) di cui non tutti dispongono (aprire una pagina web non vi renderà automaticamente un influencer, affatto). Uno dei modi migliori per emergere nel panorama di Internet è proprio la sponsorizzazione tramite terzi: spesso, per pubblicizzare sé stesse, le aziende si servono proprio delle figure degli influencer, i quali mettono al servizio sé stessi come “mascotte” del marchio o del prodotto da pubblicizzare, in modo tale da dare un’immagine convincente agli acquirenti, permettendo così di assicurare una buona entrata economica nelle tasche delle celebrità (diffondendo considerevolmente la propria immagine anche al di fuori della sfera d’interesse originaria dal quale proviene) ed assicurando ai produttori una sicura clientela (perlopiù formata da fan della suddetta piccola celebrità), convinta dai propri “idoli” ad acquistare una determinata merce (il tutto, logicamente, permettendo il continuo sviluppo del fenomeno del consumismo). Personalmente, come ignorante in materia, non avrei altro da dire, se non che l’influenza delle celebrità di Internet sui pensieri della gente è ormai paragonabile a quella che la TV aveva in passato: senza fare discorsi troppo qualunquisti o spaventati dalle novità, gli influencer rispettano il titolo del quale sono fregiati, convincendo numerose persone totalmente catturate dalle capacità o dal carisma di questi ultimi ad acquistare un prodotto X, a seguire una linea di pensiero Y o ad abbracciare un’ideologia Z senza neanche porsi un quesito del tipo “Perché?”, ma procedendo come tutti perché, in fondo, si tratta di qualcosa di assimilare al concetto di “moda”, come è sempre avvenuto. Certo, il discorso appena fatto pare dipingere le celebrità di Internet come dei mezzi “usati dal sistema” per condizionare la gente, anche se in realtà molti dei “seguaci” di un dato influencer sono genuinamente interessati ad un determinato argomento, fermo restando che parecchie persone si interessano ad una celebrità giusto perché “è famosa e quindi ne parlano tutti”. La figura dell’influencer, inoltre, è estremamente interessante, dato che si sono sostituiti alle personalità televisive e, in certi casi, ai politici, portando tematiche neanche sfiorate da questi ultimi. Avviandomi alla conclusione, ritengo che le celebrità di Internet possano (e debbano) essere capaci, con la propria visibilità, di portare in campo argomenti delicati e di parlare dei problemi che logorano la società odierna, e non di limitarsi alla sponsorizzazione di prodotti di serie B o alla discussione di temi di cui fa comodo parlare in un determinato momento storico. L’importante è non pretendere di lobotomizzare la mente dei propri spettatori con le proprie idee.