di Alberto Cosseddu
Una delle più preziose sollecitazioni che sono arrivate da Papa Francesco negli ultimi anni, relativamente al tema della comunicazione, ha posto al centro la necessità di un’informazione segnata dalla speranza. Due storie, diverse, ma accomunate da un ritorno “a casa”, parlano di comunità, sacrificio, desiderio, riscoperta delle proprie radici e voglia di cambiamento. Si tratta della storia di Nicolò Vellino e di Daniele Palla e Anna Nurra, i quali, in modo diverso, hanno trascorso un periodo lavorativo importante all’estero, rispettivamente in Svizzera e in Francia, per poi decidere di tornare a Macomer, dove hanno aperto, ognuno, una propria attività imprenditoriale. Nicolò Vellino, Maitre Chocolatier e titolare della gelateria Dolci Sfizi (unica in Sardegna, insieme a un’altra di Cagliari, ad aver ottenuto il riconoscimento dei Tre coni del Gambero Rosso), ha deciso di tornare a Macomer ormai 12 anni fa, dopo esser stato per ben 18 anni fuori Sardegna. Daniele Palla e Anna Nurra, invece, hanno deciso di tornare in Sardegna dopo 9 anni trascorsi a Parigi, lui come titolare di una pizzeria e lei architetto paesaggista presso uno studio di progettazione. Lo scorso 3 novembre hanno inaugurato la pizzeria La Corte, in pieno centro storico. Partiti alla ricerca di occasioni di crescita personale e di lavoro, tutti hanno trovato proprio nella permanenza all’estero la possibilità di formarsi, consolidare abilità e competenze, misurarsi con culture differenti e costruire il proprio bagaglio di esperienze. Nicolò, che aveva iniziato lavorando in una piccola fabbrica di Vittorio Veneto per poi spostarsi in Svizzera; Daniele che, dopo solo tre giorni dal suo arrivo a Parigi aveva trovato lavoro come vicedirettore di una pizzeria al taglio; e Anna, che, dopo la laurea al Politecnico di Milano, voleva formarsi nell’ambito dell’architettura del paesaggio, allora ancora poco battuta nel contesto italiano. Ogni storia meriterebbe di essere ascoltata, perché si intrecciano i sacrifici e il desiderio di realizzazione, e soprattutto, la voglia di fare bene il proprio lavoro. Nel decidere di tornare a Macomer, sono stati, invece, soprattutto due i fattori determinanti: per Nicolò la voglia di tornare a casa, per Daniele e Anna il desiderio di cambiar vita, dopo tanti anni trascorsi in una grande città che, pur ricca di stimoli e possibilità, restava sempre “dura” da vivere, sottraendo molte energie. Macomer, a tutti, offriva la riscoperta di una qualità della vita alta, fatta di volti familiari, di una natura accogliente, di relazioni da ritrovare. Ma non sono mancate, e tuttora non mancano le difficoltà. Oltre a ritrovarsi in un contesto certamente molto più piccolo, sono state soprattutto le condizioni per l’imprenditoria a pesare negativamente, che vedono un sistema statale estremamente farraginoso e pesante, appesantito da una burocrazia eccessiva, per nulla paragonabile con quello dei Paesi in cui vivevano prima di rientrare. Inoltre, resta ancora da migliorare quel lavoro di racconto o storytelling, che anche le istituzioni locali possono incentivare, perché il valore di attività che puntano sull’eccellenza del prodotto, sia riconosciuto e giustamente compreso, sia da chi abita il territorio, sia da chi lo frequenta per ragioni di lavoro o di turismo. Resta poi da rafforzare il tessuto della comunità, perché le diverse attività possano essere incoraggiate, custodite, messe in grado di interagire tra loro e offrire, ognuna, un’esperienza unica di accoglienza, con ricadute positive per tutta la città. Tutto questo è possibile proprio per la ricchezza delle esperienze che persone come Nicolò, Daniele e Anna, portano con sé. Esperienze che vale la pena raccontare, e che diventano, anche per i giovani del nostro territorio, un vero esempio di impegno. È importante partire, formarsi, rischiare. Ma è possibile, anche, questo è il grande messaggio, tornare e scommettere sui propri sogni, mettendo a frutto il proprio sapere e il proprio saper fare.